Controversie fra banca e correntista: come si ripartisce l’onere probatorio?
Il correntista che promuove azione di ripetizione d’indebito nei confronti della banca è gravato dell’onere di provare la pretesa creditoria attraverso la produzione degli estratti conto relativi all’intero periodo del rapporto cui si riferisce la domanda. La Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, con l’ordinanza n. 30822/2018 affronta la distribuzione dell’onere della prova nelle controversie fra banca e correntista, soffermandosi sull’utilizzo del criterio del c.d. saldo zero.
La fattispecie
La Corte d’Appello di Catania, chiamata a pronunciarsi sul gravame proposto dal correntista nei confronti della banca, riformava parzialmente la pronuncia di rigetto resa dal primo Giudice sulle contrapposte domande: a) quella della banca agente in via monitoria che vedeva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto per la nullità delle clausole afferenti il rapporto di conto corrente (e relative agli interessi convenzionali, a quella anatocistica ed alla previsione della CMS e delle spese); b) quella avanzata dal correntista (assieme ai fideiussori), di dichiarazione dell’invalidità delle pattuizioni afferenti al contratto di conto corrente bancario e di esatta determinazione dei rapporti di dare ed avere tra esso attore e la banca, con condanna di quest’ultima alla ripetizione di tutte le somme addebitate e riscosse con gli interessi legali.
In dettaglio, la Corte territoriale, con la sentenza non definitiva n. 1538 del 2013, affermava il diritto del correntista alla ripetizione dell’indebito. Con la successiva sentenza (definitiva) n. 1419 del 2014, il secondo Giudice condannava la banca a pagare al cliente appellante le somme accertate a titolo d’indebito.
Ad avviso della Corte di Appello, il primo giudice aveva errato nel disattendere la domanda del correntista in ragione del deposito degli estratti conto da parte della banca a seguito dell’ordine giudiziale e solo a far data da quello del 7 gennaio 1993, essendo scoperto il periodo dall’apertura del conto (1987) fino a quella data, e ciò per fatto ascrivibile alla banca, ritenendo che la mancanza della documentazione completa del rapporto potesse essere utilmente superata attribuendo il valore “O” (zero) al posto di quello passivo risultante dal primo estratto prodotto in giudizio e così ricostruendo l’andamento del rapporto proprio a partire da quella data, tramite una consulenza tecnica d’ufficio.
La banca proponeva pertanto ricorso per cassazione.
La decisione
La banca formula un unico motivo di ricorso dolendosi del fatto di essere stata condannata a pagare al correntista il saldo di conto corrente depurato dalle voci ritenute illegittime; ciò in accoglimento della domanda riconvenzionale del correntista ed in violazione dell’onere probatorio di quest’ultimo avendo la Corte territoriale sostituito al saldo debitore passivo il saldo zero.
Spiega la Corte di Cassazione che:
Se ad agire è il correntista: | alle controversie tra banca e correntista, introdotte su domanda del secondo allo scopo di contestare il saldo negativo per il cliente e di far rideterminare i movimenti ed il saldo finale del rapporto, alla luce della pretesa invalidità delle clausole contrattuali costituenti il regolamento pattizio e, così, ottenere la condanna della banca al pagamento delle maggiori spettanze dell’attore, quest’ultimo è gravato del corrispondente onere probatorio, che attiene agli aspetti oggetto della contestazione. Viene richiamato, al riguardo, l’orientamento di legittimità secondo cui: “il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida “causa debendi”, sicché il medesimo ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute” (Cass. Civ. n. 24948/2017; Cass. Civ. n. 7501/2012, Cass. Civ. n. 3387/2001; Cass. Civ. n. 2334/1998; Cass. Civ. n. 7027/1997; Cass. Civ. n. 12897/1995). Calando detto principio al caso di specie, reputa la Corte di Cassazione che il secondo Giudice avrebbe esonerato il correntista attore dall’onere della prova su di esso gravante, imputando illegittimamente detto onere sulla banca. |
Se ad agire è la banca: | questa, osserva la Corte di Legittimità, è soggetta all’onere di provare il credito vantato che «impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura dell’intero andamento del rapporto (…) non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio» (Cass. Civ. n. 21466/2013; Cass. Civ. n. 15148/2018). Tale orientamento, puntualizza la Corte, non può però essere fatto valere in relazione alla diversa ipotesi in cui sia il correntista ad agire con azione di ripetizione d’indebito e sia pertanto gravato dell’onere di provare la pretesa creditoria fatta valere, attraverso la produzione degli estratti conto relativi all’intero periodo del rapporto a cui riferisce la domanda d’indebito. |
Conclude la Corte di Cassazione che non può ritenersi, come invece erroneamente statuito dalla Corte di Appello, che qualora il primo estratto conto disponibile, sia pure in ottemperanza di un ordine giudiziale di esibizione rivolto alla banca ex art. 210 c.p.c., evidenzi un saldo negativo, il calcolo dei rapporti di dare e avere tra correntista e banca decorrano dalla data della posta iniziale a debito annotata nel primo estratto conto disponibile, previo azzeramento di detto saldo negativo in quanto non provato, dovendo invece detto calcolo essere effettuato proprio partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato.
Sul tema, di interesse, cfr. Cass. Civ. n. 500/2017 secondo cui: “per poter procedere alla determinazione del credito azionato dalla società correntista fin dall’inizio del rapporto, partendo dal cd. saldo zero, era necessario che gli attori in riconvenzionale producessero gli estratti conto, senza soluzione di continuità fin dal sorgere del rapporto medesimo”; Cass. Civ. n. 7501/2012, richiamata nell’ordinanza annotata, ove stabilito che: “porre eguale a zero lo stato del conto corrente ad una certa data successiva al suo inizio, anziché come risulterebbe dalla documentazione di causa, un saldo negativo, costituisce una manifesta violazione del principio che regola l’onere della prova perché, appunto, premia chi l’onere non ha adempiuto pur avendone l’obbligo e sanziona chi l’onere non era tenuto a rispettare”.
Per la giurisprudenza di merito, nel senso che il saldo da cui partire per l’analisi contabile deve essere quello a debito risultante dal primo estratto conto disponibile in atti e non “saldo zero”, cfr. Trib. Bari, 17 novembre 2011; Trib. Bari, 11 febbraio 2015, n. 582; Trib. Bari, 20 maggio 2016, n. 2766; Trib. Benevento, n. 1317 del 5 luglio 2017; Trib. Lecce, 18 gennaio 2018, n. 229; Trib. Palmi, 14 febbraio 2018, n. 161.
Cassazione Civile, Sez. I, ordinanza 28 novembre 2018, n. 30822