Raddoppio dei termini: la C.D. clausola di salvaguardia è stata implicitamente abrogata dalla legge di stabilità 2016?
Traendo spunto dalla giurisprudenza di merito, s’intende di seguito affrontare la questione se la (tanto discussa) clausola c.d. di salvaguardia (nota anche come ‘clausola salva-accertamenti’) prevista all’ art. 2, comma 3, del D.Lgs. 128/2015 (c.d. “Decreto sulla certezza del diritto”) sia stata (o meno) implicitamente abrogata dall’ art. 1, comma 132, della L. n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016).
QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
L’ art. 37, comma 24, del D.L. n. 223 del 2006 aveva modificato l’ art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 inserendo un nuovo comma in base al quale, a fronte di fattispecie che assumono rilevanza penale, i termini di quattro e cinque anni (previsti dai due commi precedenti del predetto articolo) per l’esercizio del potere di accertamento venivano raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui era stata commessa la violazione (identica modifica, in ambito IVA, è stata apportata dall’ art. 37, comma 25, del citato decreto che ha modificato negli stessi termini l’ art. 57 del D.P.R. n. 633/1972).
E’ altrettanto noto che la Corte costituzionale ha chiarito, per quanto qui interessa, che « il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia » (in questi precisi termini, Corte Costituzionale, 25 luglio 2011, n. 247; tali conclusioni, del resto, sono state costantemente avallate dalla Corte di legittimità: in tal senso, tra le ultime, Corte di Cassazione, ord., 30 maggio 2016, n. 11171; Corte di Cassazione, ord., 20 aprile 2016, n. 7805).
Orbene, l’ art. 2 (rubricato ‘Modifiche alla disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento’), commi 1 e 2, del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, in vigore dal 2 settembre 2015, nuovamente intervenendo sulla materia, mediante l’aggiunta di un nuovo periodo all’ articolo 43, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e all’ articolo 57, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ha subordinato l’operatività del “raddoppio dei termini” di accertamento alla condizione che la comunicazione della violazione penale sia presentata o trasmessa entro la scadenza degli ordinari termini dell’azione accertatrice (vale a dire, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o, in caso di omessa presentazione ovvero di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo). Inoltre, ai sensi del terzo comma del citato art. 2 (che ha introdotto la c.d. clausola di salvaguardia), al fine di preservare l’attività impositiva dell’Agenzia delle Entrate, sono stati comunque fatti salvi sia gli effetti degli avvisi di accertamento (ovvero dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili) notificati entro il 2 settembre 2015, sia gli effetti degli inviti a comparire di cui all’ articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, nonché dei processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell’ articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, notificati sempre entro il 2 settembre 2015, a condizione tuttavia che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria venissero notificati entro il 31 dicembre 2015.
Successivamente, a decorrere dagli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016, il legislatore, con la L. 208/2015 (Finanziaria 2016), è intervenuto ancora una volta sulla disciplina in oggetto, per l’un verso, allungando i termini per l’esercizio del potere di accertamento, portandoli da quattro a cinque anni per la dichiarazione presentata e da cinque a sette anni per la dichiarazione omessa o nulla, per l’altro, eliminando l’istituto del raddoppio dei termini (art. 1, commi 130, 131 e 132 primo periodo). Per i periodi d’imposta precedenti (ante 2016), invece, viene ‘confermata’ la disciplina di cui al c.d. “Decreto sulla certezza del diritto”: infatti, all’ art. 1, comma 132, secondo e terzo periodo, della L. 208/2015, si prevede che « gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo » (recte, secondo periodo).
Tanto premesso quanto al quadro normativo di riferimento, come già anticipato, si tratta di capire, in questo continuo susseguirsi di interventi da parte del legislatore, se la (tanto discussa) clausola c.d. di salvaguardia (nota anche come ‘clausola salva-accertamenti’) prevista all’ art. 2, comma 3, del D.Lgs. 128/2015 (c.d. “Decreto sulla certezza del diritto”) sia stata (o meno) implicitamente abrogata dall’ art. 1, comma 132, della L. n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016).
Ebbene, alcune pronunce della giurisprudenza di merito ritengono che il comma 132 dell’art. 1 della Legge di stabilità 2016(concernente, come si è visto, la disciplina transitoria delle modifiche apportate da tale provvedimento all’assetto dei termini di decadenza dell’accertamento) abbia implicitamente abrogato la c.d. clausola di salvaguardia (prevista dal terzo comma dell’ art. 2 del D.Lgs. n. 128/2015) che faceva salvi, come si è già ricordato, gli effetti degli avvisi di accertamento notificati sino al 2 settembre 2015 (data di entrata in vigore del D.L. n. 128/2015), Per l’effetto, stando a tale ipotesi interpretativa, l’Ufficio, venuta meno la clausola di salvaguardia, potrebbe avvalersi, anche con riferimento agli avvisi di accertamenti notificati alla data di entrata in vigore del D.L. n. 128/2015 (2 settembre 2015), del c.d. termine lungo per l’esercizio del potere di accertamento se, e solo se, la denuncia penale sia stata consegnata o trasmessa entro la scadenza del termine ordinario di accertamento.
Così, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, ha stabilito, in relazione ad un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2002, che « anche se il comma 132 nulla dice sulla vigenza dell’art. 2 del D.Lgs. n. 128 del 2015 – entrato in vigore il 2 settembre 2015 – poiché le norme disciplinano la stessa materia e non è applicabile il criterio della specialità, questo Collegio ritiene che debba intendersi implicitamente abrogato il comma 3 del medesimo art. 2 ». « Dunque », prosegue la Commissione, « l’Ufficio per avvalersi del raddoppio dei termini avrebbe dovuto presentare la denuncia penale entro la scadenza del termine ordinario per gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti ai fini IVA, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione »
(CTR Lombardia, 22 gennaio 2016, n. 386; negli stessi termini, tra le altre: CTR Puglia, sede Bari, 20 maggio 2016, n. 1279; CTR Lombardia, sede Brescia, 16 maggio 2016, n. 2898; CTP Firenze, 19 maggio 2016, n. 794; CTP Reggio Emilia, 4 aprile 2016, n. 90; CTP Lecco, 24 marzo 2016, n. 77; CTP Firenze, 21 marzo 2016, n. 447).
Orbene, la citata giurisprudenza, evidentemente muovendo dall’assunto che vi sia un contrasto tra la disciplina transitoria prevista all’ art. 2, comma 3, del D.Lgs. 128/2015 (c.d. “Decreto sulla certezza del diritto”) e quella prevista all’ art. 1, comma 132, della L. n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016), ricorre a taluni dei criteri di risoluzione delle antinomie giuridiche (vale a dire, i contrasti tra norme), i quali dettano le ‘regole’ per individuare, nell’ipotesi per l’appunto di conflitto tra norme, quale sia la norma da applicare alla fattispecie concreta.
Nell’ipotesi di specie, i criteri che vengono in gioco, secondo la ricostruzione operata dalle pronunce in esame, sono due. Innanzitutto, il criterio cronologico, a mente del quale, in caso di contrasto tra norme, si deve preferire quella più recente a quella più antica (lex posterior derogat priori ). La prevalenza della norma posteriore, come noto, va sotto il nome di abrogazione il cui effetto consiste nella circostanza che la norma abrogata perde efficacia dal giorno di entrata in vigore della norma abrogante. Per l’effetto, la nuova norma regolerà i rapporti giuridici sorti dopo quella data, fermo restando che la vecchia norma continuerà a regolare i rapporti giuridici sorti anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova norma. In particolare, tra le varie fattispecie di abrogazione (art. 15 delle preleggi), limitandoci a quanto qui interessa, si ha abrogazione implicita quando la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore.
Il secondo dei criteri (di risoluzione delle antinomie giuridiche) a cui fa riferimento la predetta giurisprudenza è quello di specialità, a mente del quale, in caso di contrasto tra norme, si deve preferire la norma speciale a quella generale (lex specialis derogat generali ). Inoltre, va precisato che la norma speciale prevale su quella generale, anche se quest’ultima è successiva. Ed è proprio in ragione di tale ‘regola’ (secondo la quale la norma speciale prevale su quella generale, anche se quest’ultima è successiva) che si spiega la precisazione delle richiamate sentenze in merito all’inapplicabilità del principio di specialità, in quanto, nel caso in cui si ritenesse che la norma che ha introdotto la c.d. clausola di salvaguardia (art. 2, comma 3, D.Lgs. 128/2015) fosse speciale rispetto a quella di cui al comma 132 della Legge di stabilità 2016, si dovrebbe concludere per la prevalenza della prima sulla seconda, atteso che, come si è ricordato, nei rapporti tra criterio temporale e criterio di specialità, prevale quest’ultimo, dovendosi per l’effetto escludere l’abrogazione della norma speciale ad opera della norma generale successiva.
Sulla scorta di tali principi, quindi, la citata giurisprudenza, una volta esclusa l’applicazione del principio di specialità (avendo concluso che tra le predette norme non sia ravvisabile un rapporto di specialità), afferma che la Legge di stabilità 2016, proprio perché regola l’intera materia sul ‘raddoppio dei termini’ dell’accertamento, anche sotto il profilo della disciplina transitoria applicabile agli atti impositivi emessi ante 2016, avrebbe implicitamente abrogato la ‘clausola di salvaguardia’ di cui all’art. 2, comma 3, del “Decreto sulla certezza del diritto”.
Ciò premesso quanto all’iter argomentativo dell’indirizzo giurisprudenziale in esame, l’opzione interpretativa di tale giurisprudenza non pare condivisibile in quanto, a prescindere da ogni ulteriore considerazione, risulta erroneo l’assunto di partenza (da cui muove) in ragione del quale vi sarebbe un contrasto tra la disciplina transitoria di cui alla clausola di salvaguardia e quella di cui al comma 132 dell’art. 1 della Legge di stabilità 2016.
In realtà, a ben vedere, nell’ipotesi in esame, non vi è affatto la pretesa incompatibilità tra le norme in oggetto. Infatti, mentre la c.d. norma di salvaguardia disciplina gli avvisi di accertamento notificati alla data del 2 settembre 2015 (o, comunque, gli avvisi di accertamento notificati entro il 31 dicembre 2015 nascenti da inviti a comparire o da processi verbali di constatazione, notificati sempre entro il 2 settembre 2015), la norma di cui al comma 132 dell’art. 1 della Legge di stabilità 2016 regola gli avvisi di accertamento (relativi ai periodi d’imposta ante 2016) notificati a decorrere dal 1° gennaio 2016, risultando così evidente che l’ambito di applicazione delle due norme non è per nulla sovrapponibile. Anzi, all’entrata in vigore della disposizione di cui al citato comma 132, la c.d. clausola di salvaguardia ha già ‘esaurito’ i suoi effetti: infatti, in relazione agli avvisi di accertamento notificati a decorrere dal 1° gennaio 2016, troverà applicazione il comma 132, secondo e terzo periodo, dell’art. 1 della Legge di stabilità 2016 se gli avvisi di accertamento sono relativi a periodi d’imposta ante 2016 (quindi, quanto ai termini per l’esercizio della potestà impositiva, i termini ordinari rispettivamente di quattro e cinque anni a seconda che la dichiarazione sia stata presentata o omessa, con possibilità di raddoppio degli stessi nei soli casi in cui la comunicazione della notizia di reato sia inoltrata entro la scadenza dei termini ordinari), mentre troveranno applicazione i commi 130, 131 e 132 primo periodo dell’ art. 1 della Legge di stabilità 2016 se gli avvisi di accertamento sono relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi d’imposta successivi (quindi, quanto ai termini per l’esercizio del potere di accertamento, cinque anni per la dichiarazione presentata e sette anni per la dichiarazione omessa o nulla).
A tali conclusioni è pervenuta anche la Commissione tributaria provinciale di Pisa, la quale ha per l’appunto stabilito che la citata norma transitoria di cui al comma 132 della Legge di stabilità 2016 «non abroga per incompatibilità la norma di salvaguardia prevista dal D.Lgs. n. 128 del 2015, in quanto essa si riferisce agli avvisi di accertamento che ancora debbano essere posti in essere e notificati per i periodi d’imposta 2015 e precedenti». «Tale interpretazione», affermano i giudici pisani, «è suggerita dal tenore letterale della norma che fa riferimento agli avvisi di accertamento che “devono essere notificati”, intendendosi con tale locuzione fare riferimento agli avvisi futuri, rispetto all’entrata in vigore della legge, ma riferiti a periodi d’imposta decorsi» (in questi termini, CTP Pisa, 17 marzo 2016, n. 131).
Parimenti, anche la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha affermato che « il nuovo regime transitorio raccorda la disciplina dei periodi di imposta senza occuparsi di accertamenti già portati a termine, soluzione che pare del tutto compatibile con il precedente regime transitorio che invece di detti accertamenti (ovviamente effettuati sino alla sua entrata in vigore del settembre 2015, salvo l’ulteriore margine per la formale notifica) aveva fatto salvi ». « D’altro canto », continuano i giudici, « alla luce delle già intervenute modifiche del settembre 2015 (fatti salvi gli accertamenti a quel momento già portati a termine), nel lasso di tempo compreso tra il 2.9.2015 e la legge di stabilità 2016 non potrebbero più darsi nuovi legittimi atti di accertamento che non fossero conformi al DLgs. n. 128/2015 (e quindi per i quali la denuncia penale non sia scattata nei termini ordinari), proprio perché il DLgs. n. 128/2015 bloccava al momento della sua entrata in vigore la loro possibile validità ». « Risulta quindi ragionevole», chiosa la Commissione regionale, «che il legislatore del dicembre 2015 non si sia posto in alcun modo il problema di salvaguardare attività la cui disciplina transitoria era stata in precedenza compiutamente “chiusa” con le disposizioni del DLgs. n. 128/2015 » (in tal senso, CTR Lombardia, 17 febbraio 2016, n. 861; conclusioni poi riprese anche da CTP Firenze, 6 giugno 2016, n. 814).
Traendo le fila, sotto il profilo difensivo, si deve tenere presente, per quanto evidenziato, che il richiamato orientamento di merito, a mente del quale la ‘clausola salva-accertamenti’ prevista all’ art. 2, comma 3, del D.Lgs. 128/2015 (c.d. “Decreto sulla certezza del diritto”) sarebbe stata implicitamente abrogata dall’ art. 1, comma 132, della L. n. 208/2015 (Finanziaria 2016), sembra scontrarsi con argomenti di segno contrario di non poco momento, con la conseguenza che l’eventuale eccezione di decadenza (che, come è ovvio, vale comunque la pena sollevare) dall’esercizio del potere di accertamento, fondata sulla pretesa implicita abrogazione della clausola di salvaguardia, appare destituita di reale fondamento.
Schema riassuntivo
PRIMA TESI | SECONDA TESI |
La clausola c. d. di salvaguardia (nota anche come ‘clausola salva-accertamenti’) prevista all’ art. 2, comma 3, del D. Lgs. 128/2015(c. d. “Decreto sulla certezza del diritto”) è stata implicitamente abrogata dall’ art. 1, comma 132, della L. n. 208/2015(Finanziaria 2016) | La clausola c. d. di salvaguardia (nota anche come ‘clausola salva-accertamenti’) prevista all’ art. 2, comma 3, del D. Lgs. 128/2015(c. d. “Decreto sulla certezza del diritto”) non è stata implicitamente abrogata dall’ art. 1, comma 132, della L. n. 208/2015(Finanziaria 2016) |
MASSIMA | MASSIMA |
Anche se il comma 132 dell’art. 1 della Legge di stabilità 2016(contenente la disciplina transitoria delle modifiche apportate da tale provvedimento all’assetto dei termini di decadenza dell’accertamento) nulla prevede circa la vigenza dell’ art. 2 del D. Lgs. n. 128/2015– entrato in vigore il 2 settembre 2015 – poiché le norme disciplinano la stessa materia e non è applicabile il criterio della specialità, si ritiene che debba intendersi implicitamente abrogato il comma 3 del medesimo art. 2 (che contempla un’apposita clausola a salvaguardia degli avvisi di accertamento notificati sino a tale ultima data). Alla luce della disciplina vigente (comma 132 sopra menzionato), l’Ufficio, per avvalersi del raddoppio dei termini (tuttora possibile per le annualità ante 2016), è tenuto a presentare la denuncia penale entro la scadenza del termine ordinario per gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti ai fini IVA ( CTR Lombardia, 22 gennaio 2016, n. 386 ) | La norma transitoria di cui all’ art. 1, comma 132, della L. n. 208/2015non abroga per incompatibilità la norma di salvaguardia prevista dal D. Lgs. n. 128 del 2015, in quanto essa si riferisce agli avvisi di accertamento che ancora debbano essere posti in essere e notificati per i periodi d’imposta 2015 e precedenti. Tale interpretazione è suggerita dal tenore letterale della norma che fa riferimento agli avvisi di accertamento che “devono essere notificati”, intendendosi con tale locuzione fare riferimento agli avvisi futuri, rispetto all’entrata in vigore della legge, ma riferiti a periodi d’imposta decorsi ( CTP Pisa, 17 marzo 2016, n. 131 ) |
ALTRA GIURISPRUDENZA | ALTRA GIURISPRUDENZA |
CTR Puglia, sede Bari, 20 maggio 2016, n. 1279 CTR Lombardia, sede Brescia, 16 maggio 2016, n. 2898 CTP Firenze, 19 maggio 2016, n. 794 CTP Reggio Emilia, 4 aprile 2016, n. 90 CTP Firenze, 21 marzo 2016, n. 447 CTP Lecco, 24 marzo 2016, n. 77 | CTR Lombardia, 17 febbraio 2016, n. 861; CTP Firenze, 6 giugno 2016, n. 814 |
Legislazione
D.L. n. 223/2006, art. 37, comma 24
Giurisprudenza
- cost. n. 247/2011
C.T.R. Lombardia n. 386/2016
C.T.P. Reggio Emilia n. 90/2016